L’aumento della somministrazione di vaccini, almeno nelle economie avanzate, sta portando a un graduale rientro in ufficio.
Tuttavia, la resistenza a un ritorno al “come prima” è alta soprattutto per la generazione dei Millennials meno legati all’organizzazione tradizionale. Negli Stati Uniti si sta addirittura parlando di una “Great Resignation” per via dell’altissimo numero di persone che sta dando le dimissioni. La mancanza di flessibilità relativa al luogo di lavoro e ai tempi è una delle ragioni ricorrenti.
Con il cambiamento del nostro modo di lavorare, cambia anche la funzione e gli obiettivi degli spazi di lavoro. Per esempio, alcune aziende come Michael Page UK hanno deciso di ridurre il numero di uffici, contemporaneamente aggiungendovi nuove funzionalità per renderli più versatili. L’azienda ha riconvertito molte stanze precedentemente usate per i colloqui individuali in open space per facilitare la collaborazione e un flusso di lavoro più dinamico in modalità ibrida.
Un altro esempio è Google. Conosciuta per la sua cultura aziendale incentrata sulla collaborazione e i numerosi benefit, sta ora pensando a degli uffici modulari per adattarsi alle esigenze delle persone. Per favorire il lavoro ibrido, con l’aiuto di architetti e sociologi ha disegnato degli spazi modificabili e personalizzabili dai propri dipendenti. Con un semplice “swipe” di tessere ID, delle scrivanie intelligenti regolano altezza e luminosità dello schermo secondo le abitudini memorizzate. Se qualcuno ha bisogno di più privacy può attivare delle barriere gonfiabili attorno alla propria postazione anche se la scrivania si trova in uno spazio condiviso.